
Nel periodo estivo è frequente venire a contatto con insetti che prediligono costruire il proprio nido nei pressi o a ridosso degli edifici, all’interno di ambienti poco utilizzati, in aree di transito o nelle vicinanze di un luogo di lavoro.
Tra tutti sono gli imenotteri (api, vespe, calabroni, formiche) che, proprio per l’ubicazione dei siti di nidificazione, rappresentano spesso un rischio di carattere igienico-sanitario.
La puntura di un imenottero, infatti, è un evento imprevedibile, in grado di provocare delle reazioni cutanee urticanti estremamente variabili e soggettive, da un lieve sintomo locale, fino allo shock anafilattico per gli individui allergici.

Gli imenotteri sociali, seppure con metodi e materiali diversi, fanno esattamente le stesse cose: una regina fonda la colonia e man mano che questa si ingrandisce, parallelamente aumenta in volume il nido (favo) con lo scopo principale di ospitare le uova e le larve, ma anche per offrire riparo alle operaie nelle ore notturne.
Le api usano la cera da loro stesse prodotta sotto forma di scagliette, emessa da specifiche ghiandole tra i segmenti dell’addome e poi lavorata con zampe e apparato boccale fino a dare la forma voluta.

Vespe e calabroni invece usano la cellulosa che ricavano dalla masticazione del legno o di fibre vegetali. La cellulosa viene miscelata alla saliva che funge da modellante e collante, questo impasto resta fluido per il tempo necessario al trasporto e alla formazione delle celle di forma perfettamente esagonale, appressate le une alle altre, che consentono uno sfruttamento ottimale e matematico dei volumi vicino alla perfezione.
Nel nido dei calabroni (Vespa crabro), viene anche edificato un involucro protettivo esterno, in grado di resistere alla pioggia battente, oltre a fornire il giusto grado di isolamento termico necessario allo sviluppo delle uova.
Le variazioni cromatiche che si alternano lungo il nido sono dovute ai diversi materiali impiegati, ad esempio una fonte di fibre di cotone risulta più chiara di una fonte di legno di quercia.
Nelle colonie di vespe e calabroni, all’inizio della stagione, sono pochi gli individui che operano nel nido e quindi il primo strato di celle è di misura minima; con il procedere della stagione il numero di individui cresce e così pure il numero di uova e larve che necessitano di nuove celle.
Tutto questo fino al culmine della stagione (metà luglio alle nostre latitudini), in cui il nido può raggiungere in alcuni casi anche i 90 cm di diametro. Generalmente i siti potenziali per la nidificazione di vespe e calabroni sono rappresentati dalle coperture in lamiera, davanzali, tubolari di metallo, tegole, sottotetti, ecc.

La strategia di controllo per vespe e calabroni prevede la ricerca e l’eliminazione, quanto prima, dei nidi, in particolar modo di tutti quelli ubicati in posizioni tali da costituire pericolo per le persone.
L’eliminazione di un nido di vespe o calabroni, deve sempre essere eseguita nel pieno rispetto di tutte le norme di sicurezza con particolare riferimento all’uso dei dispositivi di protezione individuale.
Ciò deve avvenire sempre indipendentemente dalle dimensioni del nido e della sua posizione. L’intervento disinfestazione e la rimozione dei favi sono operazioni estremamente delicate che necessitano di competenza e professionalità.
Il rapido abbattimento delle vespe e dei calabroni è ottenibile mediante l’irrorazione mirata di biocidi preposti allo scopo e autorizzati dal Ministero della Salute.
È opportuno tenere presente che la reazione degli imenotteri, soprattutto se disturbati anche accidentalmente, può essere rapita e improvvisa, pertanto procedere con un trattamento “fai da te” potrebbe mettere a repentaglio anche altre persone presenti in aree adiacenti.
Per verificare tempestivamente la presenza di nidi di vespe e calabroni e attuare le idonee misure di prevenzione è consigliabile:
- controllare periodicamente (già a partire dai mesi di marzo e aprile) quelle parti dell’edificio solitamente preferite da vespe e calabroni per nidificare quali: solai e sottotetti, cassonetti delle tapparelle, altri manufatti con fessure comunicanti con l’esterno (cassette contatori, ecc.);
- sigillare crepe o fessure eventualmente presenti in pareti esterne o comunicanti con anfratti non ispezionabili (innesti tubazioni, canalizzazioni, ecc.).

Si ricorda infine che a differenza di vespe e calabroni, per quanto riguarda le api bisogna procedere diversamente.
Le api sono insetti tutelati dalla legge e pertanto non possono essere soggette ad alcun trattamento di disinfestazione, mentre l’asportazione dell’alveare può essere eseguita solamente da un apicoltore autorizzato.





I roditori sono comparsi sulla Terra milioni di anni prima dell’uomo e, tra i Mammiferi, sono quelli di maggior successo in termini di diffusione. Colonizzano tutti gli ambienti disponibili, da quello acquatico
sociali, organizzati in colonie numerose formate da più famiglie e la tana è un luogo sicuro e difeso nel quale tutti gli esemplari si concentrano per rifugiarsi. I ratti e i topi sono onnivori e si nutrono di una vasta varietà di cibo: insetti, molluschi, pesci, carogne, uova, frutta, cereali, ortaggi, carta e legno. Il pasto può essere consumato in loco o accumulato in appositi spazi ricavati all’interno delle tane. Benché abbiano uno spiccato senso dell’esplorazione e una fervida curiosità, la loro diffidenza è tale per cui ogni piccola modifica che trovano nelle loro rotte di passaggio, come la presenza di un elemento estraneo, innesca una “reazione al nuovo” che viene definita “neofobia”. Questo comportamento talvolta può limitare la buona riuscita degli interventi di derattizzazione ed è in casi come questo che la conoscenza della biologia dell’animale si dimostra di rilevante importanza per la lotta agli animali infestanti.
La rimozione delle sorgenti di cibo è una componente chiave per un efficace controllo. I rifiuti e i residui alimentari devono essere rimossi regolarmente. Occorre eliminare i detriti esterni e la vegetazione incolta, perché forniscono nascondigli essenziali ai roditori. L’area esterna agli edifici deve avere una zona perimetrale sgombera. Vanno potati i rami che possono raggiungere o sovrastare l’edificio. Va evitata la presenza di macchinari in disuso, tubi, assi, o pile di legname, che i roditori possano utilizzare come nido o nascondiglio. Inoltre, è necessario proteggere le nostre strutture attraverso la chiusura di tutti i fori sui muri perimetrali, cercando di non lasciate aperture superiori a 6 mm attorno alle porte e alle finestre; e mediante l’installazione di meccanismi di auto-chiusura alle porte più utilizzate. I topi possono passare in aperture di 6 mm, mentre i ratti necessitano di almeno 12 mm. Porte, finestre, tramezzi e muri crepati sono aree dalle quali i roditori possono facilmente
Le
Il controllo delle mosche nell’industria zootecnica, come del resto il controllo degli altri animali infestanti, diviene un fattore di primaria importanza, sia per il benessere degli animali, sia per la sicurezza dei futuri alimenti, considerato che la recente normativa in tema di
Negli ambienti chiusi (stalle, sale mungitura, sala frigo, ecc.) risulta molto efficace e completamente ecologico, il
I trattamenti adulticidi di disinfestazione devono essere selettivi nei confronti degli ambienti da trattare e mirati contro le mosche adulte, mediante l’impiego di biocidi a basso impatto ambientale, autorizzati dal Ministero della Salute e registrati per l’impiego in ambito zootecnico.
La Supella longipalpa è una blatta di circa 13-16 mm di lunghezza, chiamata dagli americani “brown-banded cockroach” (scarafaggio marrone fasciato), per le sue caratteristiche colorazioni esteriori; e “scarafaggio dei mobili” dagli Italiani, per l’habitat preferenziale. È originaria del Sudan, ma presente oramai in quasi tutto il pianeta. In Italia è una specie di recente introduzione,
La femmina adulta, che può vivere anche più di 10 mesi, porta con sé le uova all’interno di una struttura chiamata “ooteca” per 1-2 giorni, poi la attacca a una idonea superficie ben protetta. Ogni femmina produce circa 14 ooteche contenenti 12 uova ciascuna. È facile trovare le ooteche, lunghe appena 4-6 mm, raggruppate su piccole superfici nei lavandini delle cucine, sotto a tavoli, sedie, dentro i mobili, in prossimità del letto, fra le pieghe del cartone ondulato. Il periodo di incubazione varia da 50 a 75 giorni. In condizioni ambientali favorevoli le forme giovanili (neanidi, ninfe) maturano in 160 giorni circa.
La durata del ciclo biologico, il comportamento lucifugo e soprattutto lo specifico habitat, sono fattori che spesso tendono a occultare l’inizio di un’infestazione, che in genere si manifesta quando è già arrivata a un livello avanzato. I lunghi tempi di sviluppo e soprattutto quelli necessari alla schiusa delle ooteche, devono indurre a non sottovalutare il
La disinfestazione delle zanzare è una delle attività più delicate e importanti per la salvaguardia della sanità pubblica. Ogni anno viene regolarmente eseguita per fronteggiare il problema delle zanzare, con diversi metodi e prodotti, per conto di comuni, enti, attività commerciali e privati cittadini. Perché il contenimento delle zanzare risulti davvero efficace e garantisca gli esiti attesi, è indispensabile innanzitutto che vengano attuare le idonee misure di prevenzione, ma soprattutto che venga eseguita una razionale e corretta lotta larvicida.
I larvicidi sono insetticidi appositamente studiati per colpire le zanzare nella loro fase larvale. Ne esistono di varie formulazioni, di origine chimica o biochimica (IGR regolatori di crescita). Il larvicida attualmente più utilizzato e a più basso impatto ambientale, si serve di una tossina prodotta dal microrganismo “Bacillus thuringiensis varietà israelensis”.
I Bacillus sono organismi dalle dimensioni microscopiche (da 0,1 a 20 millesimi di millimetro), costituiti da un’unica cellula, e vivono prevalentemente nel terreno. In presenza di condizioni ambientali favorevoli (per esempio: adeguata presenza di ossigeno e sostanze nutritive, temperatura e umidità idonee, assenza di sostanze tossiche), i batteri si riproducono per scissione: cioè, ogni esemplare si divide in due generando due nuovi organismi che a loro volta si divideranno in due e così via fino a formare colonie di miliardi di individui. In presenza di condizioni ambientali avverse, la riproduzione si arresta e in molte specie (fra cui Bacillus thuringiensis) il batterio si trasforma in una forma resistente chiamata “spora”.
In virtù del meccanismo d’azione altamente specifico (tossina-recettore), il Bacillus thuringiensis, risulta innocuo per l’uomo, gli animali domestici e gli organismi utili come, per esempio, gli impollinatori (api, bombi, ecc.) o come i predatori che si nutrono di insetti e acari nocivi (coccinelle, crisope, sirfidi, ecc.). La persistenza nell’ambiente dei prodotti a base di Bacillus è ridotta a causa della suscettibilità alla luce (fotolabilità) delle spore e dei cristalli attivi, infatti, i trattamenti vanno ripetuti settimanalmente, ma proprio per questa caratteristica l’impiego del Bacillus thuringiensis viene ammesso dai disciplinari di produzione biologica.
Realmente i pipistrelli contribuiscono alla riduzione della popolazione di zanzare in un determinato territorio?
È di particolare interesse la ricerca di Reiskind e Wund: in condizioni sperimentali è stata dimostrata una riduzione significativa (pari al 32%) nella deposizione di uova da parte di zanzare del genere associata alla predazione del pipistrello Myotis septentrionalis. Si dice che i pipistrelli sarebbero ininfluenti nei confronti della zanzara tigre, in quanto essa sarebbe attiva solo di giorno. In effetti questi ditteri hanno prevalentemente un ciclo bimodale di attività, con orari variabili a seconda delle zone, ma possono pungere durante l’intero periodo giornaliero delle 24 ore, diminuendo, ma non scomparendo, durante le ore notturne. Analoghi comportamenti si riscontrano in Italia, dove la zanzara tigre è segnalata attiva anche di notte. Schmidt e Vierhaus, osservano una relazione diretta tra l’abbondanza di Culicidi del genere Aedes e il numero di individui di Pipistrellus nathusii. Sologor & Petrusenko e Gebhard & Bogdanowicz segnalano Aedes spp. nell’alimentazione di Nyctalus noctula. Questa specie, come anche Pipistrellus pygmaeus, è stata segnalata in attività di foraggiamento anche diurna. In questa ottica si pone la nostra particolare attenzione nei riguardi dei chirotteri. Secondo Ober, colonie consistenti di pipistrelli hanno la capacità di ridurre concretamente il numero di insetti, non solo perché ne consumano grandi quantità, ma anche perché molti di essi evitano le aree dove percepiscono la presenza dei pipistrelli; di conseguenza attrarre i chirotteri può essere un buon sistema di controllo biologico anche delle zanzare. 
Le
Le
La presenza delle
Le formiche possono colonizzare non solo i reparti produttivi ma tuttavia anche:
Negli ultimi tempi l’uomo ha assunto una maggiore e sempre più crescente intolleranza nei confronti degli insetti infestanti, disagio che tende a crescere quando ci si trova nei luoghi di lavoro come gli uffici, le comunità, gli ospedali e i pubblici esercizi. La presenza di insetti negli edifici assume pertanto risvolti diversi in relazione alle attività condotte all’interno dei locali e rappresenta anche un elevato rischio per l’igiene degli ambienti e delle merci nell’ambito 

I modelli di
Gli insetti rappresentano probabilmente il gruppo di animali che utilizza maggiormente l’olfatto come mezzo di comunicazione. Questa loro modalità di comunicare regola un elevato numero di processi vitali, come la scelta del partner per l’accoppiamento, il meccanismo di selezione alimentare, la selezione del sito per deporre le uova, ecc. Le sostanze biochimiche che entrano in gioco in questo tipo di comunicazione vengono chiamate feromoni.





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